“Professori e presidi: potrebbe essere un’opportunità per non vanificare gli sforzi fatti finora.”
Ma richiede impegno tecnico e pedagogico. Il rischio? Che si torni alla lezione frontale
Con un grosso sforzo si potrebbe fare ma è molto difficoltoso»:
è la sintesi del presidente dell’associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, sulla possibilità, lanciata dalla ministra Lucia Azzolina, di avviare il nuovo anno scolastico in modalità didattica mista:
metà degli studenti in aula, metà che segue da casa, e ovviamente con un’alternanza tra i gruppi.
Un’idea già lanciata in alcuni piani presentati alla task force del governo, ma che adesso apre una serie di interrogativi sulla fattibilità.
Che tipo di impegno richiederebbe? «Uno sforzo collettivo — spiega Giannelli — da parte delle scuole, delle società che dovrebbero effettuare lavori di cablaggio.
Per rendere gli istituti autonomi dal punto di vista della connessione, dal ministero che dovrebbe erogare i fondi, fino agli enti locali che sono proprietari degli immobili e dovrebbero disporre i lavori».
Solo ostacoli pratici, dunque?
«No, c’è anche un motivo pedagogico — spiega Giannelli — l’impostazione e la conduzione di una lezione in presenza sono diverse da quanto andrebbe fatto a distanza».
È lo stesso tema che pone Dianora Bardi, presidente di ImparaDigitale:
«La lezione presuppone una partecipazione attiva degli studenti, il docente deve seguire il processo di apprendimento.
Una lezione che si svolge contemporaneamente in presenza e a distanza richiede una complessa riorganizzazione della didattica, una progettazione innovativa».
Ci sono dubbi però anche molto più tecnici: come si collega la classe dal vivo agli studenti a casa?
«L’ideale sarebbe avere una telecamera esterna in ogni aula, in modo da mandare la lezione via streaming — spiega Elena Gabbiani, professoressa al liceo Gioia di Piacenza —
Noi abbiamo predisposto un set di aula in un paio di classi, ad esempio per collegarci con una ragazzina in ospedale.