Il che, se da una parte servirebbe a escludere che un ospite contagioso se ne vada in giro a spargere il virus, dall’altra scoraggerebbe a viaggiare chi vuole trascorrere fuori casa un fine settimana anche lungo:
non vorrà di certo spendere i soldi per passare i suoi quattro giorni di vacanza in quarantena.
Se il muso duro prevarrà nella riunione di domani, si può ipotizzare un rinvio di una settimana degli spostamenti interregionali.
Perché tra i pochi punti fermi di questa vicenda, c’è quello del «tutti o nessuno».
E, a scanso di equivoci, il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, ha già messo le mani avanti: «Misure restrittive rispetto ai decreti non sono vietate, ma devono essere comunque in linea.
Altrimenti – ha tagliato corto Boccia – impugneremo i provvedimenti davanti al Tar».
E non sarebbe la prima volta che il Governo si rivolge con successo alla giustizia amministrativa:
ne sa qualcosa la presidente della Calabria, Jole Santelli, che – a discapito del Dpcm in vigore – decise di riaprire i bar quando il resto dell’Italia era in piena quarantena.
Il Tar la costrinse a fare marcia indietro.
Il Governo – ma soprattutto gli italiani e gli operatori turistici, insieme a tutto il loro indotto – guarda il cielo e prega che non si debba rimandare la riapertura.
Anche perché questo aggiungerebbe a quelli già esistenti un ulteriore problema:
quello dei turisti stranieri che, dal 3 giugno, possono di nuovo varcare i nostri confini dopo che saranno cadute le restrizioni nell’area Schengen.
In sostanza, non sarebbe semplice spiegare ad un cittadino italiano perché un tedesco, un francese o uno spagnolo hanno più libertà di movimento di lui, che si trova a casa sua.