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Aborto: la Toscana autorizza la pillola negli ambulatori

Pillola abortiva, la svolta della Toscana: alle donne anche in ambulatorio

Lunedì verrà approvata una delibera regionale per permettere di somministrare il farmaco anche in strutture territoriali, che però dovranno essere collegate a un ospedale. Rossi:

“Inutile far soffrire di più le donne che affrontano l’interruzione di gravidanza”

Se l’Umbria rende più difficile l’aborto farmacologico, imponendo il ricovero ordinario alle donne che prendono la Ru486, la Toscana si muove in senso esattamente opposto.

Lunedì la giunta guidata da Enrico Rossi approverà una delibera che apre alla somministrazione in ambulatorio.

È la prima regione a fare una scelta del genere, visto che la maggior parte degli ospedali italiani utilizza il sistema del day hospital per consegnare il farmaco alle donne, che vengono poi dimesse e invitate a tornare per assumere un altro medicinale.

Da tempo la Toscana lavora alla semplificazione dell’utilizzo della Ru486, da ben prima della decisione dell’Umbria.

Già l’anno scorso associazioni, politici e professionisti avevano chiesto alla giunta di intervenire per semplificare il percorso, forti anche del lavoro di una struttura l’Iot di Firenze, dove si è acquisita grande esperienza sull’utilizzo del farmaco.

L’Iot è già un misto tra ospedale e ambulatorio, per questo può funzionare come esempio.

“Siamo stati i primi a somministrare la Ru486, acquistandola all’estero, perché la ritenevamo più appropriata rispetto all’aborto chirurgico in certe situazioni — spiega il governatore Enrico Rossi —.

Ben prima della sciagurata decisione dell’Umbria avevamo ritenuto di fare questa delibera, per evitare alle donne, quando è possibile, di recarsi nei reparti di ginecologia.

Però è necessario che l’ambulatorio sia collegato all’ospedale, per risolvere eventuali problemi.

È inutile far soffrire le donne più di quanto già non debbano fare di fronte a decisioni non certo semplici come quella di abortire”.

Secondo Rossi: “Solo chi intende punire le donne cerca di rendergli le cose più difficili”.

Nella delibera toscana si fa riferimento a un parere del lontano 2014 del Consiglio sanitario regionale, che apriva appunto agli ambulatori.

In Regione, come in tutto il Paese, le interruzioni volontarie di gravidanza sono in calo ma aumenta percentualmente il ruolo dell’aborto farmacologico.

Tra l’altro nel periodo dell’epidemia di Covid l’uso della Ru486 è salito perché si tratta di una procedura meno rischiosa dal punto di vista infettivo di quella chirurgica.

Nei casi in cui è stato possibile, si è utilizzato il farmaco.

Come noto l’Umbria percorre una strada completamente diversa.

Bisogna però ricordare che in tutta Italia circa il 75% delle donne che vengono ricoverate firmano e tornano a casa dopo aver preso il medicinale.

Quindi il ricovero si interrompe per volontà delle pazienti.

La decisione umbra quindi all’atto pratico non dovrebbe cambiare molto.

In Toscana invece l’apertura agli ambulatori terrà lontane le donne che abortiscono da ospedali e reparti di ginecologia, segnando un cambiamento decisivo

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