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Uccise dagli uomini, non dal virus: i nomi delle 11 donne italiane morte in due mesi di pandemia

Si erano nascoste in casa per difendersi dal nemico invisibile.

Un femminicidio a settimana dall’inizio dell’emergenza. E il crollo delle denunce

Ma il nemico era lì e non si nascondeva. Irina, Larisa, Barbara, Bruna, Pamela, Rossella, Irma, Lorena, Gina, Viviana e Alessandra. Undici donne uccise dall’inizio di marzo, vittime del lockdown e dei loro compagni, mariti e figli.

Prese a botte, aggredite a coltellate, finite nel mirino di pistole e fucile.

Si temeva che la quarantena sarebbe diventata una pericolosissima prigione per molte donne.

Appelli, campagne d’informazione, il numero verde 1522 pubblicizzato anche nelle farmacie, app e parole in codice per chiedere aiuto.

Adesso si contano le vittime. É la strage dell’isolamento.

Barbara Pelletti, presidente di Cassandra: «Tante vittime riaccolgono in casa mariti violenti, a rischio loro e i figli»

Irina Maliarenko aveva 39 anni, ucraina.

É morta il primo marzo nel reparto di rianimazione dell’ospedale Pellegrini di Napoli, era stata ricoverata il 18 febbraio per emorragia intestinale.

Il compagno l’aveva presa a botte con una violenza tale da danneggiarle milza e fegato.

Irina se ne è andata nella notte del raid all’ospedale Pellegrini, quando i parenti di Ugo Russo – il quindicenne morto dopo essere stato ferito da un carabiniere – hanno devastato il pronto soccorso

Anche la madre di Irina, che era lì ad aspettare notizie della figlia, è stata travolta dall’assalto.

Larisa Smolyak è stata uccisa a coltellate dal figlio di 29 anni, il 4 marzo a Camaiore, in provincia di Lucca.

Aveva 49 anni. «Venite, ho ucciso mia madre».

Andriy Bochsan dopo aver colpito con un posacenere alla testa la madre, e dopo averla colpita con 40 coltellate ha chiamato i carabinieri.

La madre aveva chiesto al figlio un’altra volta ancora di cercare un lavoro.

Hanno litigato e il figlio ha reagito con una violenza che ha impressionato anche gli investigatori arrivati in casa dopo la chiamata.

Barbara Rauch, 28 anni, mamma. L’ha uccisa lo stalker che da tempo la perseguitava, il 9 marzo a San Michele di Appiano, Bolzano.

Barbara era titolare dell’enoteca Bordeaux Keller che gestiva con il compagno, aveva una bambina di 3 anni.

É stata aggredita all’interno del locale dallo chef 25enne Lukas Oberhauser, ex suo collaboratore. Si erano conosciuti durante uno stage, lo chef si era innamorato di Barbara e aveva cominciato a tormentarla.

Lei era diventata la sua ossessione e non si era fermato nemmeno quando la donna si era sposata ed era diventata mamma.

Barbara lo aveva anche denunciato per stalking. Nemmeno questo ha fermato lo chef.

Bruna Demaria, 66 anni, uccisa a colpi di pistola il 12 marzo a Beinasco, in provincia di Torino.

Ex dipendente comunale, era andata in pensione il primo marzo. Franco Necco, 66 ani, ex vigile urbano, ha impuganto una pistola e ha ucciso il figlio di 29 anni, Simone.

Poi ha preso un’altra pistola e l’ha puntata contro Bruna. Ha scaricato tutte e due le pistole. «Ho ucciso mia moglie e mio figlio», l’uomo ha avvisato subito i carabinieri.

Lo aveva lucidamente progettato. Sul pc ha lasciato poche righe in cui spiegava la ragione del suo gesto disperato: la preoccupazione per il futuro del figlio.

Rossella Cavaliere, 51 anni, accoltellata dal figlio il 19 marzo, a San Vito dei Normanni, Brindisi. Cinque colpi al petto.

Andrea Asciano, 23 anni, ha ucciso la madre nella notte. A dare l’allarme i vicini. Il ragazzo è stato bloccato sotto casa dai carabinieri, si era già liberato del coltello.