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Protezione civile: il bluff di Conte sulle mascherine

Le richieste delle Regioni

Le Regioni hanno più volte segnalato la carenza dei dpi e il 25 febbraio l’hanno fatto davanti al premier in una riunione del coordinamento dell’emergenza.

In quell’occasione, oltre ad alcuni ministri, erano presenti anche i Governatori, l’Associazione nazionale comuni italiani e l’Unione delle province italiane.

Era stato richiesto l’acquisto centralizzato del materiale da parte della Protezione civile.

Il 2 marzo quest’ultima aveva dato il via alla prima procedura diretta per il rifornimento di mascherine e degli altri dispositivi.

A quanto pare, l’esecutivo si sarebbe mosso in ritardo rispetto al pressing delle Regioni e soprattutto quasi un mese dopo la dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria.

Gli acquisti di Palazzo Chigi
Dagli atti, risulta che Palazzo Chigi si sia mosso il 25 febbraio, a quattro giorni di distanza dal primo caso di Codogno.

il governo si rende conto delle difficoltà con cui stanno lavorando medici e infermieri e decide di procedere con gli acquisti tra il 26 e il 27 febbraio.

Con una nota, l’Ufficio del medico competente della presidenza del Consiglio dei ministri esprime “la necessità e l’urgenza” di comprare 2 mila mascherine chirurgiche per integrare le scorte di Palazzo Chigi.

La quantità viene aumentata a 10 mila. Poi si verifica nel mercato elettronico della pubblica amministrazione che il materiale risulta disponibile in un’azienda vicino ad Alzano e Nembro, dove il personale sanitario lavorava in condizioni molto critiche.

Dai documenti della presidenza del Consiglio dei ministri, emerge che il fornitore abbia comunicato la disponibilità delle 10 mila mascherine ad un prezzo di 20 centesimi l’una Iva esclusa, con tempo di consegna entro 5 giorni lavorativi dalla stipula del contratto.

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