Il Coronavirus in Europa è un massacro, in Italia è la nuova Caporetto. In Africa rischia di essere un ‘ecatombe.
I casi di positività confermati nel mondo sono 164.837, i morti 6.476 ed ha attaccato ormai 146 Paesi nel mondo(1).
In Europa si registrano 39.768 casi(2), con il nostro Paese (24.727 casi)(3) in prima linea in questa battaglia contro l’infame nemico ribattezzato COVID-19.
L’OMS ha traslato l’epidemia in pandemia, ovvero problema che riguarda tutto il mondo come suggerisce l’etimologia della parola pân (tutto) e dêmos (popolo).
In Italia il nostro sistema sanitario, nonostante le vessazione subite nell’ultimo decennio.
Sta combattendo con principi di solidarietà ed abnegazione il nemico, mostrando segni di cedimento per il sovraffollamento dei casi ma riuscendo comunque a combattere il COVID-19 con i “soldati della medicina”, ovvero medici infermieri e farmacisti in prima linea.
Cosa succede se il virus attecchisce in Africa dove i sistemi sanitari presentano gravi squilibri nell’accesso tra ricchi e poveri?
Il Coronavirus nel continente africano sta cominciando ad espandersi e con numeri probabilmente più alti di quelli registrati ufficialmente.
Due i motivi: il primo, a differenza di Cina e nazioni europee, gli strumenti per verificare eventuali positività sono largamente più ridotte.
Il secondo, l’accesso alle cure per le persone dei ceti medio-bassi sono assai più complicate e presentano barriere estremamente più alte.
Barriere economiche: chi non ha soldi non si cura, muore.
E nel continente la stragrande maggioranza versa in questa situazione, essendo la forbice tra ricchi (pochi) e poveri (molti) assai larga.
Di fatto, il ceto medio è praticamente inesistente.
I casi in Africa accertati vedono in testa l’Egitto (110), Algeria (49) e Sud Africa (38).
A seguire Marocco (28), Senegal (26), Tunisia (18), Burkina Faso (3), Camerun (3), Costa d’Avorio (3), Repubblica Democratica del Congo (2), Ghana (2), Namibia (2), Nigeria (2), Repubblica Centrafricana (1), Congo (1), Guina Equatoriale (1)
Etiopia (1), eSwatini (1), Gabon (1), Guinea (1), Kenya (1), Mauritania (1), Rwanda (1), Sudan (1), Togo (1).
Il welfare state nei Paesi più contagiati presenta criticità, è praticamente inesistente.
Nell’Egitto di Al-Sisi, alle Presidenziali farlocche i voti sono stati comprati con la violenza e per 3 $ egiziani, ovvero i nostri 0,14 €(4).
Questo rende l’idea del tasso di povertà presente nel paese e permette di dire con totale sicurezza quanto l’accesso alla sanità per la stragrande maggioranza della popolazione sia utopia.
La “Current Health Expenditure as % of GDP”, ossia la spesa sanitaria (in % sul PIL) si attesta a livelli bassissimi: 4,2%, sintomo di una popolazione “lower-middle income”, ossia reddito medio-basso.
La sanità è bene esclusivo dei ricchi, il sistema sanitario universale annunciato da Al-Sisi è di fatto una promessa di cartone:
nel Paese infatti ad essere ampliato è il sistema privato, con il rinforzo delle strutture esclusiva dei ricchi.
In Egitto per ogni mille abitanti ci sono soltanto 1,6 posti letto, parametri inferiori per esempio alla vicina Tunisia.
I finanziamenti virano alla costruzione di centri privati: Suez, Ismailia per arrivare a Beni Suef.
Un programma decennale che dovrebbere vedere la sua conclusione nel 2032 e dove l’accesso alle prestazioni sanitarie è previsto per chi ha soldi nel portafogli, chi non ne ha non potrà accedervi.
E’ difficile pensare che l’emergenza Coronavirus possa essere gestita come il modello Italia dove, tra tante criticità, ogni vita vale come l’altra e non si fanno distinzioni tra ricchi e poveri.
In Algeria la situazione non è diversa, ma comunque è migliore.