Secondo la Procura di Cassino la studentessa morì dopo essere stata spinta contro una porta dentro la caserma dei carabinieri di Arce, forse dopo un litigio con il figlio di Mottola, Marco.
La ricostruzione del delitto tratteggiata dalla perizia medico-legale indicò una compatibilità tra lo sfondamento della porta dell’alloggio della caserma dei carabinieri di Arce e la frattura cranica riportata dalla 18enne.
Fu inoltre accertata la “compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima e il legno della porta, così come con il coperchio di una caldaia della caserma”, aveva spiegato il procuratore di Cassino, Luciano d’Emmanuele.
Il corpo portato nel bosco dopo la morte.
La svolta nelle indagini fu la perizia del Ris che rilevò come il corpo di Serena, ormai senza vita, fu spostato nel boschetto dell’Anitrella.
Dove fu poi trovato con mani e piedi legati dal nastro adesivo e una busta di plastica in testa.
Durante le nuove indagini, gli inquirenti hanno ascoltato 118 testi, molti dei quali scelti tra i 1.137 più volte sentiti nei diciotto anni di ricerca della verità per il delitto di Arce.
La vicenda giudiziaria dell’omicidio della 18enne è stata lunga, tortuosa e segnata da episodi anche inquietanti.
Due anni dopo il delitto fu arrestato con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere Carmine Belli, un carrozziere poi prosciolto nel 2006 da ogni accusa della Cassazione.
Ad aggiungere mistero anche il suicidio del carabiniere Santino Tuzi che nel 2008, prima di essere ascoltato dai magistrati, si uccise sparandosi nella sua auto.
Un caso che resta avvolto dal mistero, un omicidio che potrebbe essere stato scatenato da un movente terribile:
forse Serena il giorno in cui morì era andata nella caserma dei carabinieri per denunciare alcuni traffici legati alla droga.
Successivamente la lite e poi la tragedia.
Fonte tgcom24