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I papà hanno tanti diritti quanto le mamme

Ogni padre ha diritto come ogni madre di potere crescere in amore e armonia il proprio figlio comune.

Non nel Medioevo né tanto meno nel periodo della Grande guerra o nel dopoguerra, quando i padri erano dediti ad altro e raramente frequentavano e si godevano i figli.

E le madri accudivano i figli. Tempi in cui l’unica figura di riferimento era la madre, dominava la scena.

Oggi se ci si guarda intorno ci si imbatte in una gamma incantevole

(perché è un incanto, è un dono, prendersi cura dei figli: amarli, crescerli, educarli, accompagnarli durante il loro percorso)

di padri amorevoli, entusiasti, felici, delicati, pieni di attenzioni verso i figli.

Li vedi con il bebè nel marsupio, nello zaino, alla guida dei passeggini, al parco.

Saltellanti, scattanti, gioiosi, sorridenti. Ovunque.

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Certo, ci sono anche tanti papà inadeguati.

Così come tante mamme inadeguate.

Sapere dunque che un “papà” in tribunale non abbia pari tutela perché l’orientamento dominante è questo ha dell’incredibile.

Perché il papà viene dopo. Sempre. Anche se i figli non sono infanti.

Con la supponenza pure di non renderli infranti.

Un orientamento assolutamente dominante (rarissimi i provvedimenti di affidamento condiviso paritario) che si pone, a mio avviso, in spregio imbarazzante del sacro diritto di uguaglianza.

Che viola, infrange, piega i diritti bigenitoriali e genitoriali.

Ma perché mai un genitore che frequenta i figli continuamente e pariteticamente, se ne prende cura, dinanzi alla separazione deve essere recluso nel recinto del 15% dei tempi di frequentazione.

Ogni padre ha diritto come ogni madre di potere crescere in amore e armonia il proprio figlio comune.

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