Il problema resta quello del distanziamento nei locali al chiuso:
“L’attività in una discoteca aumenta la respirazione profonda, le persone vanno in anaerobiosi, si muovono, hanno bisogno di respirare molto di più.
– spiega l’esperto – Questo facilita le infezioni.
Penso all’ esempio di un giocatore di rugby durante una partita ha contagiato molti altri giocatori.
Discoteca al chiuso o all’ aperto, cambia poco”.
Complice i cosiddetti ”contagi d’importazione”, adesso, il rischio sembrerebbe quello di tanti macro-focolai sparsi sull’intero territorio nazionale.
“Secondo me aumenteranno sia il numero dei focolai, sia le loro vastità. – è il monito di Crisanti –
Ma la verità è che dovevamo quest’ estate avvicinarci a zero casi. Sarebbe stato possibile.
Io non so, per esempio, perché per tempo non abbiamo preso le contromisure per limitare i casi di rientro.
Non parlo degli immigrati, che sono una parte molto marginale, penso a chi torna ad esempio dalle vacanze in altri paesi d’ Europa.
Bisognava attivare i controlli prima, predisporre dei protocolli. Se necessario anche chiudere le frontiere”.
L’eventualità di lockdown locali, quelli che sembravano scongiurati da un pezzo, ritorna a profilarsi come unica soluzione al contenimento dell’infezione:
“Si passerà dalla trasmissione a focolaio a trasmissione diffusa.
Mi spiace, ma a quel punto dovrà essere chiaro che le zone, le aree, in cui capiterà questo dovranno essere chiuse immediatamente.
Non ci sarà alternativa ai lockdown locali”. È critico il professor Crisanti sulla gestione dell’emergenza:
“A costo di farmi dei nemici: è stato sbagliato non prevedere riaperture graduali, differenti da regione a regione. Inoltre, ci si è calati le braghe di fronte alle esigenze dell’ industria turistica.
Bisognava limitare gli spostamenti all’ interno dell’ Italia, se necessario, ma anche dall’ Italia ad altri paesi d’ Europa”.
Il futuro, dunque, prometterebbe scenari tutt’altro che rosei: “Purtroppo sono passati messaggi sbagliati, inutile che ce lo nascondiamo.
Messaggi scientificamente non supportati. Questi sono i risultati. La scienza è fatta di tre cose: domande, misure e analisi.
Se uno si limita solo a fare la misura e non la correla con l’ analisi, fa una mistificazione. – conclude il professore –
Uno può dire: oggi ci sono pochissimi casi in rianimazione, ma questa è una fotografia, la scienza deve capire quale sarà l’ evoluzione.
Il fatto che ogni giorni vediamo aumentare il numero dei pazienti in terapia intensiva ci dice, semplicemente, che se il virus si diffonde, arrivano anche i casi gravi”.