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“ci lancia uno sguardo come a implorare aiuto, poi reclina la testa sul finestrino. Non dimenticherò mai quegli occhi.” Strage di capaci, il racconto del dolore

Corriamo verso l’auto di Falcone e vediamo che è successo qualcosa di mostruoso.

C’è una voragine, l’autostrada è sventrata, un caldo assassino e lui è ancora vivo.

E, per qualche attimo, è cosciente. Gira la testa verso di noi, ci lancia uno sguardo come a implorare aiuto, poi reclina la testa sul finestrino.

Non dimenticherò mai quegli occhi.

Cerchiamo disperatamente di aprire gli sportelli, ma non ci riusciamo.

Allora ci mettiamo intorno alla macchina con le pistole puntate, a proteggerlo fino alla morte, questa è la regola.

Io e Capuzza dal lato di Falcone, verso il mare, Cervello da quello opposto, vicino alla Morvillo.

E aspettiamo lì, feriti, che i mafiosi vengano a darci il colpo di grazia».

E’ l’estremo atto di protezione di questi uomini per il magistrato che devono difendere.

Spesso i nomi di questi uomini, sia quelli di Schifani, Montinaro e Di Cillo, che quelli di Giuseppe Costanza e dei poliziotti che sopravvissero, sono stati dimenticati, si sono persi dentro le parole “strage di Capaci”.

Credo che oggi, nell’anniversario di quel giorno, sia giusto ricordarli.

Era il 23 Maggio 1992