Damato ha poi precisato che la sua uscita dalle aziende del gruppo Ferragni è stata una decisione autonoma e non un licenziamento. “Lo scorso febbraio, infatti, dopo attente e inevitabili riflessioni, ho deciso di dare le dimissioni (quindi no, non sono stato licenziato)”, ha chiarito, aggiungendo di aver dato tutto se stesso nel suo ruolo, rispettando sempre i valori di onestà e correttezza che lo contraddistinguono.
Per dimostrare la sua dedizione, Damato ha spiegato di aver accettato di rimanere in azienda fino a giugno, nonostante le operazioni di comunicazione non lo vedessero coinvolto dal dicembre 2023. Ha poi negato di essere l’autore delle email attribuitegli in merito al cosiddetto “caso pandoro”.
La scelta del silenzio
Damato ha anche spiegato perché ha scelto di non rispondere alle provocazioni e alle informazioni errate circolate sul suo conto durante i mesi difficili. “In questi mesi difficili non ho mai replicato a provocazioni o a informazioni errate circolate sul mio conto perché da dipendente credevo non fosse corretto farlo”, ha detto, sottolineando il suo rispetto per le persone, le gerarchie e le aziende per cui ha lavorato. Tuttavia, ha ritenuto necessario rettificare la sua posizione riguardo al suo allontanamento, affermando che la sua uscita è stata una scelta autonoma e non parte di un rinnovamento aziendale come dichiarato dall’azienda.
Le implicazioni future
Non resta che vedere se il team di Chiara Ferragni risponderà alle dichiarazioni di Damato.
Questa vicenda mette in luce le difficoltà e le tensioni che possono sorgere all’interno delle grandi aziende e come queste possano influenzare non solo i diretti interessati ma anche l’intera struttura aziendale.
La trasparenza e la comunicazione corretta sono fondamentali per gestire situazioni delicate come questa, e la risposta del gruppo Ferragni potrebbe chiarire ulteriormente le dinamiche che hanno portato alla separazione con Damato.