La debolezza digitale della Penisola non riguarda solo le disuguaglianze, tecniche e culturali, che la caratterizzano in termini di dotazioni tecnologiche e competenze informatiche.
Ma ha a che fare anche con le minacce presenti in rete e le nostre capacità di difesa.
Solo gli attacchi di phishing sono aumentati molto durante questi ultimi mesi, nonostante il fatto che il fenomeno fosse già preoccupante prima dell’emergenza sanitaria:
come mostra il grafico, il numero di siti web non sicuri è cresciuto enormemente, sfondando quota 40 mila, a partire da gennaio 2020.
Siti web non sicuri (phishing) rilevati dal servizio navigazione sicura di Google
Molti di questi siti sono nati con l’intenzione di sfruttare i timori e le preoccupazioni delle persone alle prese con il coronavirus.
Proponevano la vendita di prodotti e servizi falsi, come cure, integratori e vaccini, facendo leva sulle ansie dei potenziali acquirenti.
Anche l’Antitrust ha avuto molto da fare in questo periodo, adottando numerosi provvedimenti contro piattaforme dubbie per difendere i consumatori vulnerabili.
Con le persone chiuse in casa in seguito all’imposizione del lockdown e delle altre misure restrittive, i truffatori hanno cercato di cogliere le occasioni derivanti da un maggior volume di traffico internet:
come mostrano i dati del report dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, “il traffico medio giornaliero, da rete fissa e mobile, è salito da un valore medio di 98,84 petabytes (nel bimestre gennaio-febbraio) a 146,72 petabytes nei mesi di marzo e aprile, per una crescita complessiva pari al 51 per cento”.
Traffico internet durante l’epidemia (gennaio – aprile 2020)
Si è andato così a creare un ambiente favorevole a imbrogli online e attacchi informatici di vario tipo.
Tra queste, l’Agcom ricorda le truffe finanziarie e commerciali, come quelle relative a prodotti farmaceutici e biomedicali; ma anche il furto di dati personali, con la diffusione di applicazioni dannose;
fino ad arrivare agli “attacchi di natura ‘distruttiva’, come la criptazione dei dati di un sistema seguita dalla richiesta di un riscatto (cd. ransomware) e quelli mirati all’adescamento di minori durante le video lezioni”.
Nel mirino, non sono finiti solo i consumatori caduti nella trappola del truffatore di turno.
I più colpiti durante l’epidemia dalle aggressioni online sono stati tre settori in particolare.
Il primo è quello della ricerca, con tentate intrusioni nei computer di istituti universitari; il secondo è quello della sanità:
in questo caso, gli attacchi hanno messo a rischio strutture sanitarie nazionali e internazionali, oltre che l’integrità e la riservatezza di dati sensibili;
infine, lo smartworking, “con la diffusione di tecniche di attacco come Business Email Compromise o Ceo Fraud, e quelle volte a colpire i servizi di video conferenza”.