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Viviana Parisi: misteri , ipotesi e interrogativi

Viviana Parisi, dall’incidente alla fuga: i 16 giorni che lasciano aperti
tutti gli interrogativi

La dj e i disturbi di mente. Decisivi ora i medici legali.

La donna esce di casa dicendo che avrebbe portato il figlio a comprare le scarpe

Prima il corpo irriconoscibile e sfigurato di Viviana e ora le ossa di Gioele.

Madre e figlio, trovati entrambi nella boscaglia di Caronia, inseparabili nella vita e nella morte.

Sarà il Dna a dare una certezza ma tutto sembra portare a questo epilogo, il più tragico e temuto di una vicenda che da sedici giorni tiene l’Italia con il fiato sospeso.

E che comunque rimane un giallo: come sono morti Viviana e Gioele?

La difficile risposta, se mai ci sarà, è sempre più nelle mani di chi deve stabilire in laboratorio tempi e cause dei decessi.

«Sì, il nostro ruolo a questo punto è molto importante», riconosce Elvira Ventura, il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Viviana, ieri presente nel luogo del ritrovamento dei resti del bambino.

«I frammenti umani sono stati trovati in più posti della stessa zona», ha sintetizzato al termine del sopralluogo, aprendo scenari orribili.

I misteri

Tutto inizia lo scorso 3 agosto, con quel saluto di Viviana al marito Daniele, dj e creatore di musica elettronica come lei:

«Guarda che vado al centro commerciale di Milazzo a prendere un paio di scarpe per lui».

Sono le nove di mattina, Daniele non lo scorderà mai: «Erano tranquilli, li ho lasciati a casa per andare allo studio di registrazione.

Non li ho più sentiti». Non li ha più sentiti anche perché Viviana lascia il telefonino a casa, a Venetico.

E questo è il primo mistero: come mai? Non voleva forse essere contattata?

Al centro commerciale non ci andrà mai.

Prende l’autostrada per Palermo e, fatti una settantina di chilometri, esce a Sant’Agata per una ventina di minuti.

Altra stranezza: Viviana non paga il pedaggio, nonostante avesse contante e carta di credito.

Perché? Gioele è sempre con lei e lo documentano le immagini di una telecamera privata che lo riprende con gli occhi aperti, accanto al finestrino, seduto sul sedile posteriore probabilmente fuori del seggiolino.

«Questo è finalmente un punto fermo dell’indagine».

Dirà dopo dodici giorni di ricerche il procuratore di Patti, Angelo Cavallo, che fino a quel momento non poteva sapere con certezza se il bambino fosse nell’Opel Corsa della mamma.

I testimoni

Viviana imbocca dunque nuovamente l’A20 sempre verso Palermo e percorsi 13,6 chilometri, sotto una galleria, urta un furgone, sbanda e si ferma 50 metri più avanti.

«Abbiamo sentito la frenata di una macchina che ha sbattuto sul nostro mezzo — racconterà due giorni fa a Chi l’ha visto l’operaio che era alla guida del furgone —.

L’impatto è stato abbastanza forte. Io sono andato a vedere ma nella macchina non c’era nessuno, non c’era il bambino».

Lui non cerca Viviana, si preoccupa di deviare il traffico per evitare altri incidenti.

A notare Gioele è invece un turista brianzolo che si ferma con la famiglia a prestare soccorso: