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Un secolo fa un virus chiamato ‘spagnola’ fece 50 milioni di morti

Il cibo in pratica era diventato un’arma da sottrarre al nemico e i primi a farne le spese furono i più deboli, cioè anziani, donne e bambini.

Particolarmente colpiti dalla mancanza di generi alimentari furono i cosiddetti imperi centrali (Germania, Austria e Turchia) che subirono il ‘blocco’, ossia non poterono più ricevere materie prime o derrate alimentari dai paesi neutrali con le conseguenze immaginabili.

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I sopravvissuti a questa seconda guerra parallela si trovarono così in condizioni fisiche già debilitate e divennero prede più facili per la diffusione della malattia.

Si consideri anche che al tempo la tubercolosi e il suo alto grado di debilitazione dell’organismo non era stata sconfitta del tutto e che altre malattie come il tifo erano ritenute ‘normali’.

Una lezione dimenticata

In occasione del secolo trascorso dalla pandemia, sono stati pubblicati  vari saggi scientifici che hanno fatto una sintesi.

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La spagnola si rivelò particolarmente devastante per tutte queste situazioni che interagirono tra loro altre malattie gravi (esattamente come oggi), e debilitazione fisica.

Resta invece ancora difficile individuarne la causa principale del suo devastante impatto, oltre la particolare aggressività del virus in sé e la sua diffusione globale.

La differenza odierna è che si possono valutare le potenzialità dei virus e condurre ricerche appropriate, sempre che lo si intenda fare veramente.

Restano inoltre anche altre lezioni, quali ad esempio quella di disporre di un adeguato servizio sanitario (del tutto inesistente nel 1918-1919)

E di saper attuare  saggiamente diverse misure di prevenzione e contenimento, ricordando che anche poco più di un secolo fa in alcune occasioni furono chiusi cinema, teatri ed altri luoghi pubblici.

Scritto da Giovanni Punzo

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