“Qui il coronavirus dilaga”: la bomba in arrivo per l’Italia
In Libia temono il dilagare dei focolai. Scatta l’allerta: “Probabile che i migranti infetti possano scappare verso l’Italia”
Gli ultimi sbarchi di navi Ong hanno fatto intuire che qualcosa, sotto il profilo sanitario, dall’altra parte del Mediterraneo non va:
28 i positivi al coronavirus approdati dalla Sea Watch 3, 8 invece quelli arrivati dalla nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans.
In Libia dunque, c’è più di una preoccupazione legata all’evoluzione dell’epidemia di Covid-19.
I casi ufficiali hanno superato le migliaia di unità, con un’importante crescita nel numero dei tamponi positivi negli ultimi giorni.
Il primo positivo nel Paese è stato registrato il 25 marzo scorso: si trattava di un cittadino di ritorno dall’Arabia Saudita, ricoverato per alcuni giorni a Tripoli prima di essere dimesso.
Da lì sono poi scattate misure di distanziamento sociale molto rigide, ma la vera attenzione nelle settimane successive si è spostata sul conflitto viste avanzate del Gna, le forze cioè fedeli al governo, a scapito dell’Lna guidato da Khalifa Haftar.
Adesso l’emergenza Covid è tornata centrale, specie dopo gli ultimi incrementi dei casi.
A confermare questa situazione da Bengasi è Faraj Aljarih: giornalista libico residente nella capitale del Paese nordafricano e collaboratore di Agenzia Nova, al Giornale.it il contesto da lui prospettato è tutt’altro che roseo, sia per la Libia che per l’Italia.
Qual è la situazione in Libia riguardo al coronavirus?
La situazione epidemiologica in Libia sta peggiorando, ci sono circa un migliaio di casi confermati e il numero di nuovi casi sta aumentando. Non ci sono abbastanza test per misurare l’estensione del Coronavirus e il paese soffre di un sistema sanitario che non è in grado di far fronte alla pandemia in alcun modo.
È vero che il picco di infezione non è stato ancora raggiunto?
La Libia non ha ancora raggiunto l’apice della diffusione del virus e siamo solo all’inizio. Data la situazione epidemiologica nel Paese, si può affermare che il peggio deve inevitabilmente ancora arrivare, soprattutto se le autorità continuano a non prendere provvedimenti concreti sul terreno per contrastare la diffusione del virus.
A proposito: quali sono le misure prese dal governo?
Non ci sono misure efficaci che il governo sta prendendo.
In Libia, ci sono due governi, uno in Cirenaica e l’altro in Tripolitania: ciascuno di essi ha adottato semplici misure che non sono sufficienti per contrastare il virus.
Il risultato è che i casi confermati si intensificano ogni giorno.
All’inizio della diffusione del virus nei Paesi vicini, i governi di Cirenaica e Tripolitania hanno implementato alcune misure come il coprifuoco e la sospensione dei voli da e per la Libia, ma sono stati gli stessi governi i primi a violare queste misure.
Ad esempio, il governo di Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj, ha continuato a far affluire mercenari siriani pro-Turchia con voli attraverso Misurata e l’aeroporto di Mitiga.
A volte si contavano più di voli al giorno di questo tipo.
Di conseguenza, scopriamo poi che le aree in cui sono arrivati i mercenari dalla Siria, quali ad esempio Misurata e la stessa Tripoli, sono state le prime ad essere raggiunge dalla diffusione del virus in Libia.
Tra i nuovi hotspot in cui è emerso il virus, c’è anche quello di Sebha, la città cioè considerata come capitale della migrazione illegale dall’Africa sub-sahariana attraverso la Libia verso l’Europa.
In Italia c’è preoccupazione per i contagi nei centri di accoglienza per i migranti: qual è la situazione?
Le informazioni sul numero di casi confermati nei centri di detenzione sono molto scarse.
I centri di detenzione dei migranti sono controllati da milizie non governative e gestiscono la situazione in base all’ideologia di ciascun gruppo armato.