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Omicidio Lecce, la confessione del killer: “li ho uccisi perché erano troppo felici”

Antonio De Marco, ha confessato l’omicidio di Lecce di Eleonora Manta e Daniele De Santis

De Marco è stato un coinquilino delle vittime in via Montello a Lecce fino a novembre scorso: ha confessato nella notte

Antonio De Marco, 21 anni, di Casarano, ha confessato l’omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta dello scorso 21 settembre.

De Marco è stato arrestato nella tarda serata di lunedì 28. Secondo fonti investigative citate dall’Ansa, avrebbe detto:

«Ho fatto una cavolata . So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppo felici e per questo mi è montata la rabbia».

Voleva immobilizzare, torturare e uccidere

 

Antonio De Marco — «introverso, con poche amicizie ed anche con i pochi amici che aveva intratteneva comunicazioni compartimentate, limitandosi a un sì o a un no» — si era trasferito a Lecce due anni fa per studiare Scienze infermieristiche.

A Casarano, sua città di nascita, lo vedevano di rado.

Proprio perché lo studente era concentrato nei suoi studi e nella pratica all’ospedale Vito Fazzi di Lecce e faceva ritorno di rado nel paese che dista 50 chilometri dal capoluogo salentino.

Dietro quella faccia da studente modello nessuno avrebbe immaginato potesse celarsi una persona in grado di pensare a un rito macabro e a un efferato duplice omicidio.

Nell’ordinanza si parla di compiacimento sadico, di un «pericolo di recidiva per estrema pericolosità dell’indagato» e di «un’indole particolarmente violenta, insensibile ad ogni richiamo umanitario:

nonostante le ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime, l’indagato proseguiva nell’azione meticolosamente programmata inseguendole per casa, raggiungendole all’esterno senza mai fermarsi».

Antonio voleva immobilizzare, torturare e uccidere, per poi ripulire tutto con «acqua bollente, candeggina, soda» e lasciare una scritta sul muro con un messaggio per la città:

un’azione dimostrativa, da serie televisiva americana stile Dexter, e premeditata (tutto era descritto nei cinque foglietti che poi sono stati ritrovati: un «cronoprogramma dei lavori») per portare a compimento una vendetta.

Il ragazzo aveva con sé striscette stringitubo e un cappuccio ricavato da un paio di calze di nylon da donna, che dovevano servirgli a torturare le vittime prima di finirle.

Il palazzo in cui è avvenuto l’omicidio

La telefonata del supertestimone che ha incastrato De Marco: «È uscito un uomo armato, con un coltello e uno zaino grande»

Il post su Facebook

Anche il desiderio di vendetta era stato messo nero su bianco, in un post su Facebook dello scorso 3 luglio — accompagnato da due faccine sorridenti — in cui Antonio la definiva «un piatto da servire freddo… è vero che la vendetta non risolve il problema ma per pochi istanti ti senti soddisfatto».

Vendetta per qualcosa successa nel 2019, in particolare da ottobre a novembre quando Antonio ha abitato la casa di Daniele (e per questo poteva avere ancora le chiavi dell’appartamento), che era solito affittare a studenti una o due stanze.

A far scattare il desiderio di vendetta potrebbe essere stata una lite tra Antonio ed Eleonora che ha portato Daniele a rifiutare la richiesta di prolungamento del contratto di affitto una volta giunto a scadenza.

Il disagio di Eleonora e il supertestimone