Il presidente Solinas ha dato il via libera distinguendo tra cerimonia e funzione eucaristica.
I vescovi hanno mostrato perplessità e, soprattutto, non hanno gradito la mancata consultazione
© Regione Sardegna – Il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas
Una sorta di ‘guerra santa’ in tempi di coronavirus si combatte in Sardegna tra ordinanze, minacce di diffide, prese di posizione di prelati e articolate interpretazioni giuridiche.
Tutto ruota intorno alle messe. Si possono celebrare o no?
Secondo il presidente della Regione Christian Solinas sì, anche se il governo ha storto il naso e i vescovi non hanno nascosto perplessità.
Il via libera del governatore sardo è arrivato sabato scorso nel corso del consueto punto stampa serale nel quale venivano illustrate le riaperture del 4 maggio nell’isola.
Il parere positivo si basa sulla differenziazione tra i concetti di ‘cerimonia’ e ‘funzione religiosa’:
la prima vietata perché a rischio assembramenti, la seconda non espressamente proibita dal governo e quindi possibile sempre che si rispettino le misure generali di prevenzione del contagio.
“In armonia con il Dpcm – ha annunciato Solinas – abbiamo sospeso le cerimonie civili e religiose ad eccezione di quelle funebri con l’esclusiva partecipazione dei congiunti.
Preso atto, però, che a livello centrale il governo ha vietato le cerimonie, ma non le funzioni religiose – ha quindi argomentato.
E che esiste nell’ordinamento giuridico italiano una netta distinzione tra cerimonia, funzione e pratica religiosa, autorizziamo nel territorio regionale lo svolgimento delle funzioni eucaristiche ordinarie.
Questo significa – ha spiegato – le messe ordinarie con obbligo di distanziamento tra le persone, divieti di assembramento e contatto diretto, nonché con l’obbligo della mascherine.
Abbiamo demandato ai vescovi la garanzia del rispetto di queste prescrizioni e l’adozione di appropriate linee guida sul contingentamento degli accessi e lo scaglionamento delle funzioni in ciascuna parrocchia nell’arco della giornata”.
Ma sono stati proprio i vescovi a ‘spiazzare’, circa un’ora dopo l’annuncio, il presidente della Regione con una nota ufficiale della conferenza episcopale sarda.
Il presidente, mons. Antonello Mura, ha subito precisato che la Ces.
“pur apprezzando l’attenzione che il Presidente Solinas ha rimarcato verso l’apertura delle chiese alle ‘celebrazioni eucaristiche’, si riserva di leggere e valutare il testo dell’ordinanza regionale che verrà firmata”.
Questo perché, sottolinea la nota, i vescovi “non sono stati consultati precedentemente” riguardo decisioni che “competono unicamente all’autorità ecclesiastica”.
Il presidente della Regione, in un successivo punto stampa, non è sembrato preoccupato per la decisa presa di posizione della chiesa sarda:
“Stiamo dialogando con mons. Mura e troveremo un punto s’incontro”, ha assicurato per poi sottolineare che si tratta comunque di una questione che riguarda, più in generale, la libertà di culto.
“La mia ordinanza – ha spiegato – consente a tutte la confessioni religiose di poter adottare un protocollo e delle linee guida sulla sicurezza.
Da concordare con l’autorità sanitaria regionale, per poter tornare alla celebrazione del culto che è un’esigenza, per quanto spirituale e immateriale, che ha pari dignità rispetto ad altre”.
Libertà per tutti quindi, mentre, nel frattempo, sullo sfondo della querelle religiosa si era palesata la ‘minaccia’, che sembra destinata a rimanere tale, di un ricorso del governo ventilato dal ministro degli Affari Regionali.
Al momento non è però arrivata neanche una diffida e quindi la libertà di culto in Sardegna sembrerebbe salva anche in tempi di Covid-19, sempre senza assembramenti e con le regolamentari mascherine.