Ha passato 18 ore seduto in corsia, perché il suo caso è stato considerato non urgente.
Aveva l’ossigeno, ma è stato seduto su una sedia fino alla mattina del giorno seguente, quando si è liberato un letto ed è stato sottoposto a test e analisi.”
La prima chiamata dall’ospedale arriva il giorno seguente il ricovero:
“I medici mi dissero che il quadro era grave e che, avendo avuto infarto nel 2011, non sarebbe mai stato intubato: la manovra comportava troppi rischi.
Poi il 28 marzo mi hanno confermato che era positivo al Coronavirus”.
A Simone non resta altro che sperare e pregare: “Mi chiamava e sembrava migliorato: ad un certo punto mi ero illuso che potesse farcela.
Era vigile e mi rassicurava in continuazione. Mi diceva di stare tranquillo, di non piangere, perché sarebbe tornato a casa”.
Invece il giorno dopo arriva un’altra terribile telefonata, dall’altro capo ci sono i medici dell’ospedale di Chiari: il quadro clinico di Fausto Bertozzi è precipitato.
Il primo aprile arriva la comunicazione del decesso:
“È Stato ancora più tremendo: almeno mia mamma è morta con me vicino, mentre papà era solo in un letto d’ospedale.
Non l’ho salutato, non ho potuto partecipare alla sepoltura, ho visto solo il carro funebre passare sotto casa”.
Il 46enne si era già messo in quarantena: “Mi sono mosso da solo, ben prima che chiamasse l’Ats per comunicarmi che ero in quarantena.
Lo hanno fatto dopo giorni.
Ho mosso mari e monti per essere sottoposto anche io al tampone:
ho chiamato il numero di Regione Lombardia dedicato all’emergenza, l’Ats, alcuni medici che conoscevo, ma il test mi è sempre stato negato.
Mi hanno detto che avendo un caso accertato e uno presunto in casa avrei avuto diritto al tampone, ma che comunque non potevano farmelo.
E io i sintomi li avevo: febbre e perdita di gusto e olfatto.”
Stessa sorte anche per la sorella, il cognato e il nipote del 46enne.
Nessun controllo, nessuna indicazione: solo 14 giorni di isolamento domiciliare.
Una vicenda tristemente analoga a tante che via abbiamo già raccontato, l’ennesima prova del mancato monitoraggio e delle pesantissime lacune regionali nella gestione dell’emergenza.
Una malagestione continuata per troppo tempo e che ci si augura non si protragga: la fase 2 e le riaperture sono alle porte