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Yara, colpo di scena poco fa: cosa succede a Massimo Bossetti

 

La battaglia legale per l’accesso ai reperti

 

Dopo una lunga battaglia legale che si è conclusa lo scorso febbraio con una decisione della Cassazione, i legali di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sono riusciti a ottenere solo la possibilità di visionare gli abiti della vittima e i profili del DNA.

Lunedì pomeriggio, durante l’udienza a porte chiuse, i difensori e i loro consulenti avranno l’opportunità di esaminare quanto è rimasto sigillato per anni in uno scatolone.

I reperti da visionare

Durante questa osservazione, verranno esaminati gli slip su cui è stata trovata una traccia genetica mista, appartenente alla vittima e a un individuo non identificato, precedentemente noto come “Ignoto 1”, considerati prova principale contro Bossetti.

Saranno inoltre esaminati la felpa indossata da Yara il giorno della sua scomparsa, il 26 novembre 2010, e il giubbotto che è stato ritrovato nel campo di Chignolo d’Isola, dove il corpo della ragazza è stato trovato senza vita tre mesi dopo.

Tra i reperti ci sono anche 54 provette di DNA, trasferite dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’Ufficio Corpo di Reato del tribunale di Bergamo. Questi reperti hanno causato un acceso scontro tra la difesa e l’accusa.

Le dichiarazioni della difesa

“Finalmente, dopo cinque anni dall’autorizzazione, ci sarà consentito di visionare i reperti, anche se l’autorizzazione del 27 novembre 2019 ci avrebbe permesso di analizzarli”, ha dichiarato Salvagni all’Adnkronos.

“È evidente che non possiamo accontentarci, ma è un primo passo avanti, visto che durante il processo non ci è stato permesso neanche di vederli. Controlleremo che tutti i reperti siano presenti e verificheremo il loro stato di conservazione. Speriamo che dalle riprese fotografiche potremo cogliere qualche particolare importante, e poi valuteremo il da farsi per ribaltare i risultati relativi al DNA, che abbiamo sempre ritenuto essere errati”, ha concluso il difensore.