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Tragedia di Mestre. Chi era Alberto Rizzotto, il conducente.

 

Un’amica di Alberto ha condiviso il suo dolore su Facebook, scrivendo: “Io non ci voglio credere… Alberto così orgoglioso del tuo lavoro, dovevi portarci tutti nel tuo autobus alla festa della classe… tu sempre con il sorriso e il tuo immancabile ‘ciao classe come statu?’ Ti ho appena scritto successo nella speranza non fosse vera la maledetta sensazione che avevo… Ciao Alby, vola e sostieni la tua cara famiglia…”

 

Una tragedia incomprensibile

 

L’incidente ha scosso profondamente la comunità, e le cause di questa tragedia rimangono ancora oscure. Secondo l’assessore alla mobilità di Venezia, Renato Boraso, una possibile causa potrebbe essere stata un malore subito dal conducente. Tuttavia, le indagini sono ancora in corso, e sarà necessario analizzare le registrazioni delle telecamere di sorveglianza per comprendere meglio quanto accaduto.

 

L’incidente è avvenuto in una discesa del cavalcavia che distava sia dall’incrocio con il semaforo, sia dalla zona di cantiere, rendendo ancora più incomprensibile la dinamica dell’incidente. Boraso ha anche smentito categoricamente l’ipotesi di un principio di incendio a bordo dell’autobus prima dell’incidente, sottolineando che il veicolo si è infiammato solo dopo l’impatto al suolo.

 

L’ultimo messaggio di Alberto Rizzotto

 

L’ultimo post su Facebook di Alberto Rizzotto è un dettaglio che aggiunge ulteriore tristezza a questa tragedia. Nel suo messaggio, intitolato “Shuttle to Venice” (navetta per Venezia), l’autista aveva condiviso la sua posizione presso l’Hu Camping di Marghera alle 18:30, un’ora e mezza prima dell’incidente.

 

Questo post ha geolocalizzato Alberto nel luogo in cui avrebbe dovuto condurre i suoi passeggeri. Nelle ore successive all’incidente, gli amici dell’autista si sono resi conto che quella era la stessa linea percorsa da Alberto prima del tragico incidente. I messaggi preoccupati sotto al suo post, come “Rispondi” e “Fatti sentire per favore,” sono rimasti senza risposta, e la triste realtà dell’accaduto si è lentamente diffusa.