Sebastiano Visintin parla della morte di Liliana: “Provino la mia colpevolezza”

Il rancore come possibile motivo

Una delle teorie più discusse nell’ambito dell’indagine suggerisce che Sebastiano Visintin potrebbe aver agito per rancore nei confronti di Claudio Sterpin, a causa di una presunta attrazione di lunga data di Sterpin nei confronti di Liliana Resinovich. A sostegno di questa ipotesi, gli investigatori hanno trovato alcune fotografie su un hard disk di Visintin che ritraggono Sterpin in diverse occasioni sportive e maratone, alcune delle quali con Liliana. Le autorità vedono in queste immagini un possibile indicatore di gelosia da parte di Visintin, suggerendo che fosse a conoscenza di un legame affettivo tra sua moglie e Sterpin. Tuttavia, Visintin ha categoricamente respinto questa interpretazione, cercando di confutare le accuse. In risposta a Sterpin, che avrebbe manifestato l’intenzione di sposare Liliana, Visintin ha affermato: «La sua fantasia non mi interessa; forse confonde l’amicizia con qualcosa di più profondo. Liliana era pura, e io so esattamente ciò che abbiamo condiviso. Abbiamo vissuto una storia d’amore splendente, viaggiando insieme e supportandoci nei momenti difficili».

Chiarimenti sulle fotografie e la professione di fotografo

In merito alla presenza delle fotografie di Claudio Sterpin nel suo archivio digitale, Sebastiano Visintin ha fornito una spiegazione legata alla sua professione di fotografo. «Le immagini di Sterpin nel mio hard disk sono il risultato del mio lavoro da fotografo» ha chiarito, specificando che Sterpin partecipava regolarmente a eventi sportivi e che lui e Liliana erano spesso presenti. «Scattavo foto, questo è noto, e non significa che io lo spiassi, come invece sostiene» ha affermato Visintin, negando che il suo archivio fotografico possa essere considerato una prova di ossessione nei confronti di Sterpin. A ulteriore supporto della sua posizione, ha sottolineato di non aver interrotto la sua attività fotografica nemmeno dopo la scomparsa di Liliana, evidenziando che la passione per la fotografia è una parte fondamentale della sua vita professionale. La sua difesa si basa quindi sulla riaffermazione della tranquillità e dell’amore che ha condiviso con Liliana, cercando di contestualizzare le prove a suo carico nella sua vita quotidiana.

Riflessioni sul sit-in e la richiesta di giustizia

Sebastiano Visintin ha anche commentato un sit-in che si è svolto per Liliana Resinovich, un evento che ha visto la partecipazione di circa 40 persone, tra familiari e amici, molti dei quali provenienti da altre regioni, davanti al Tribunale di Trieste per chiedere giustizia. Pur non avendo partecipato all’evento, Visintin ha ribadito di non essere l’unico a voler scoprire la verità. Riguardo all’atteggiamento ostile di alcuni partecipanti nei suoi confronti, ha minimizzato la situazione, affermando che molte delle persone presenti non risiedono a Trieste: «Sono tutte persone che non vivono a Trieste, e tra coloro che mi conoscono e conoscevano Liliana, nessuno ha mai detto che io sia l’assassino. Tanto mi basta». Visintin ha quindi concluso sottolineando un principio fondamentale del diritto: «Non sono io a dover dimostrare la mia innocenza, ma la Procura deve dimostrare la mia colpevolezza». Con questa affermazione, ha manifestato la sua serenità e disponibilità a confrontarsi con la giustizia, ma solo in presenza di prove concrete a suo carico: «So ciò che ho vissuto con Liliana e so che siamo stati felici insieme. Non devo dimostrare nulla a nessuno. Se ci sono prove contro di me, io sono qui». Le indagini continuano, mentre il marito di Liliana Resinovich rimane fermo nella sua posizione di innocenza, in attesa delle prossime mosse da parte della Procura.

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