Quasi il 60% della spesa è stato destinato a soddisfare bisogni primari legati all’alimentazione, all’abbigliamento, alle spese per la casa, all’istruzione e alla salute.
Nel Mezzogiorno la spesa per figlio è risultata inferiore rispetto al Centro Nord; l’incidenza sulla spesa media delle famiglie è tuttavia simile nelle due macroaree.
Il divario ha riguardato per circa un quinto le spese per la casa, che riflettono il più elevato costo degli immobili nelle regioni centro-settentrionali, e per circa due terzi i consumi meno essenziali ovvero tempo libero, trasporti e altro.
L’importo, pressoché stabile nel triennio 2017-19, si è contratto nel 2020 a 580 euro, 12% in meno sul 2019, quando i timori del contagio e le restrizioni alla mobilità connesse con la pandemia hanno fortemente ridotto la spesa per consumi, in particolare per i trasporti e per il tempo libero.
L’assegno unico
In pratica ad incidere sul divario per circa un quinto le spese per la casa (che al Nord costa di più) e per circa due terzi i consumi meno essenziali. In dettaglio per il tempo libero e per la voce “altro” ma anche per l’istruzione ed i trasporti. Numeri e proporzioni però dovrebbero cambiare da quest’anno.
Da marzo infatti è iniziata l’erogazione dell’assegno unico e universale per le famiglie che prevede un importo massimo per figlio di 175 euro mensili ma sono previste maggiorazioni per i nuclei con almeno tre figli, per quelli in cui entrambi i genitori lavorano, se la madre ha meno di 21 anni e in presenza di figli in condizioni di disabilità.
Secondo l’elaborazione di Bankitalia l’ammontare massimo sarebbe sufficiente a sostenere, a seconda dell’approccio di stima, tra un terzo e la metà circa delle spese necessarie per mantenere un minore alle famiglie della fascia di reddito più bassa.