Pensioni, la terribile scoperta. Questa non ci voleva:
L’iter legislativo della riforma pensionistica in Italia è stato caratterizzato da numerosi dibattiti e controversie, con il governo Meloni al centro delle ultime decisioni che hanno apportato modifiche significative al decreto Fornero, suscitando reazioni contrastanti da parte dei sindacati e dell’opposizione.
Per comprendere appieno l’impatto di queste modifiche, è essenziale analizzare il contesto storico e valutare come le varie normative abbiano plasmato il panorama pensionistico nel corso degli anni.
La legge Fornero è entrata in vigore il primo gennaio 2012, sotto la guida dell’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, e della ministra del Lavoro, Elsa Fornero. Questa riforma ha gettato le basi del sistema pensionistico italiano, stabilendo requisiti rigorosi per l’accesso alla pensione di vecchiaia e anticipata. Dal 2012, nessun governo ha apportato modifiche sostanziali a tali requisiti, fino alle recenti decisioni del governo Meloni.
Per ottenere la pensione di vecchiaia, è ancora necessario raggiungere i 67 anni di età, con almeno 20 anni di contributi. La pensione anticipata richiede invece 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età, con una leggera riduzione per le donne.
Nonostante la rigidità iniziale della legge Fornero, i governi successivi hanno introdotto misure di flessibilità, come le salvaguardie per gli esodati, le Quote 100, l’Ape sociale e Opzione donna, ampliando le opportunità di pensionamento e consentendo a circa 600.000 lavoratori di andare in pensione in anticipo, comportando una spesa di 25 miliardi di euro.