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“Non sei l’unico”: il padre di Turetta intercettato in carcere, le sue parole

 

Una conversazione avvenuta tra Turetta e i suoi genitori, lo scorso 3 dicembre, rivela dettagli significativi che diventeranno prove cruciali nel processo già programmato per il 23 settembre.

Il primo incontro

Nei primi giorni di dicembre, l’attenzione mediatica era tutta rivolta verso il carcere di Montorio, a Verona, dove Filippo Turetta era detenuto. Turetta, accusato di aver brutalmente assassinato la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin l’11 novembre 2023, aveva finalmente incontrato i suoi genitori. Questo primo incontro, avvenuto il 3 dicembre poco dopo mezzogiorno, durò circa un’ora. A distanza di sei mesi, dettagli di quella conversazione emergono grazie alle intercettazioni degli inquirenti, rivelando una scena di intensa emotività e tensione. Tre persone unite dal sangue, ma separate dalle circostanze tragiche e inaspettate.

Il padre di Turetta intercettato in carcere, le sue parole

Dopo quasi un mese dalla tragica morte di Giulia, i genitori di Filippo vedono il loro figlio per la prima volta in carcere. Nicola Turetta, il padre di Filippo, nonostante la condanna morale nei confronti del figlio, cerca di rassicurarlo con parole che cercano di offrire un minimo di conforto: “Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Quello è! Non sei un terrorista, voglio dire… Devi pensare che piano piano. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare.” Queste parole, cariche di disperazione e tentativi di supporto, risuonano ora come una parte fondamentale del processo contro Filippo Turetta.

Il processo

Durante il colloquio, Filippo esprime preoccupazione per le conseguenze che suo padre potrebbe aver subito sul lavoro a causa del suo crimine. Nicola Turetta cerca di minimizzare, spiegando che ci sono stati molti altri femminicidi e che Filippo potrebbe ottenere permessi per lavorare o persino la libertà condizionale in futuro. “Ci sono altri 200 femminicidi! Poi avrai i permessi per uscire e andare al lavoro, la libertà condizionale“, dice Nicola. “Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti.“

Tuttavia, gli atti dell’inchiesta includono anche altre parti della conversazione che mostrano un tono diverso, in cui Nicola sottolinea la gravità di ciò che è accaduto e le terribili conseguenze delle azioni del figlio. Queste conversazioni intercettate sono ora prove chiave nel caso contro Filippo Turetta.

Il 23 settembre, durante la prima udienza davanti alla Corte d’Assise di Venezia, questo colloquio verrà discusso approfonditamente. Filippo Turetta dovrà rispondere di gravi accuse, tra cui omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dal legame affettivo passato e dallo stalking. Inoltre, è accusato di occultamento di cadavere, porto d’armi e sequestro di persona nella fase iniziale del crimine.

Il contesto familiare e il futuro processo

Il caso di Filippo Turetta è emblematico di una tragedia familiare che si svolge sotto gli occhi della pubblica opinione. Le parole di Nicola Turetta riflettono il tentativo di un padre di venire a patti con l’incomprensibile azione del figlio, cercando allo stesso tempo di mantenere una parvenza di normalità e speranza. Nonostante la condanna morale, Nicola cerca di trovare un modo per aiutare Filippo a superare la situazione, pur sapendo che le sue parole potrebbero non essere sufficienti.

La difesa di Filippo Turetta probabilmente utilizzerà queste conversazioni intercettate per mostrare la vulnerabilità e il pentimento del giovane, mentre l’accusa potrebbe sottolineare la gravità delle azioni commesse e l’apparente tentativo di minimizzare il crimine. Il processo promette di essere lungo e complesso, con testimonianze che metteranno in luce non solo i fatti del crimine, ma anche le dinamiche familiari e psicologiche che hanno portato a questa tragedia.

Le implicazioni del caso

Il caso Turetta-Cecchettin ha sollevato un dibattito nazionale sulla violenza di genere e sulle misure di prevenzione. La tragedia ha mostrato quanto possa essere devastante la mancanza di interventi tempestivi e adeguati per prevenire tali crimini. Le parole di Nicola Turetta, che sembrano cercare di confortare il figlio, hanno sollevato anche questioni su come le famiglie affrontano le azioni criminali dei loro cari e il ruolo della responsabilità morale e legale.

Mentre il processo si avvicina, l’attenzione sarà rivolta non solo alle prove e alle testimonianze, ma anche alle ripercussioni sociali e legali che questo caso avrà in Italia. La tragedia di Giulia Cecchettin è un doloroso promemoria della necessità di un impegno continuo nella lotta contro la violenza di genere e nel supporto alle vittime.