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“Mi chiamano cicciabomba, ma ho la forza di andare avanti”: la ragazza sarda sfida i bulli

Il bullismo è una forma di comportamento violento e intenzionale.

Di natura sia fisica sia psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone;

considerate dal soggetto che perpetra l’atto in questione, come bersagli facili e/o incapaci di difendersi.

Ma questa ragazza ha avuto il coraggio di reagire e portare la sua testimonianza sul suo profilo social.

“Mi chiamo Natascia, ho 23 anni e dal 2003 vivo in Sardegna. Oggi voglio dare la mia testimonianza per quanto riguarda il bullismo”.

Inizia con queste parole la lunga lettera scritta da Natascia Curreli, originaria di Roma che dall’età di sei anni vive nell’Isola.

Qui ha seguito il corso di studi a partire dalle elementari, fino alle superiori.

Un periodo, per lei, non facile a causa delle angherie dei bulli che la perseguitavano.

“Sin dalle elementari sono stata vittima di bullismo per via del mio peso”, ha raccontato Natascia, “cicciabomba, maiale, scrofa, mongolfiera e chi più ne ha più ne metta.

Risate quando si faceva ginnastica, biglietti anonimi con offese, urla con offese mentre tornavo a casa dopo scuola.

Poi le superiori, speravo davvero che la situazione potesse cambiare, e invece no, è peggiorata.

Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, ogni mattina quando dovevo andare a scuola era un trauma e cercavo ogni scusa per non andare”.

Ma la sua non è solo una denuncia.

È un tentativo di ispirare chi, come lei, è stato deriso dagli incivili, per spronare le vittime ad andare avanti e non fermarsi alle angherie dei prepotenti.

E per combattere questa guerra, usa la stessa “arma” dei suoi bulli: una foto per cui era stata presa in giro e che ora diventa il simbolo della sua rivolta.

“Ho avuto la forza di andare avanti”, ha continuato la ventitreenne, “di affrontare tutti e di capire che io non sono diversa, che sono come voi, una persona che nonostante i suoi chili di troppo vale e può fare tutto”.

E il suo pensiero va a chi, il peso delle prese in giro non è riuscito a sostenerlo:

“Molti ragazzi e ragazze non sono stati forti come me.

No, hanno perso la battaglia contro queste persone e si sono suicidati, moltissimi ragazzi ogni giorno pensano al suicidio e questo dovrebbe farvi capire che le parole hanno un peso, non sono solamente delle semplici parole”.

Ecco il testo completo della sua lettera.

“Ciao a tutti!
In molti mi conoscete, alcuni ancora no!

Mi chiamo Natascia, ho 23 anni e dal 2003 vivo in Sardegna.

Oggi voglio dare la mia testimonianza per quanto riguarda il bullismo.

E uso questa foto perché dopo averla pubblicata ha fatto il giro di molti telefoni per prendermi in giro.

Sin dalle elementari sono stata vittima di bullismo per via del mio peso, cicciabomba, maiale, scrofa, mongolfiera e chi più ne ha più ne metta!

Risate quando si faceva ginnastica, biglietti anonimi con offese, urla con offese mentre tornavo a casa dopo scuola.

Tutto questo per tutti gli anni delle elementari e delle medie.

Poi le superiori, speravo davvero che la situazione potesse cambiare, e invece no, è peggiorata!

Sempre le solite offese a cui però si aggiungono anche i gesti, palline di carta stagnola tirate nel pullman, chewingum nei capelli, urla, posti con le borse per non farmi sedere.

E io che invece di rispondere, stavo li, zitta e subivo.

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Questo è stato il mio errore, stare zitta.

Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, ogni mattina quando dovevo andare a scuola era un trauma e cercavo ogni scusa per non andare.

Mi sono chiusa in me stessa e ho iniziato a stare male, ma nessuno lo capiva, tutti continuavano e alcuni continuano ancora adesso.

Io ho avuto la forza di andare avanti, di affrontare tutti e di capire che io non sono diversa, che sono come voi, una persona che nonostante i suoi chili di troppo vale e può fare tutto!

Ma molti ragazzi e ragazze non sono stati forti come me, no, hanno perso la battaglia contro queste persone e si sono suicidati.

Moltissimi ragazzi ogni giorno pensano al suicidio e questo dovrebbe farvi capire che le parole hanno un peso, non sono solamente delle semplici parole.

Le parole fanno male come può far male una coltellata, quindi, insegnate ai vostri figli, ai vostri studenti, ai vostri amici a pesare le parole, a capire che siamo tutti uguali.

Maschi, femmine, grassi, magri, omosessuali, etero, di colore o cinesi, siamo persone come tutti gli altri!”

Natascia Curreli

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