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Marco muore in moto a 28 anni, poi lo scempio sulla salma

Nonostante la richiesta di archiviazione delle accuse da parte della Procura, il giudice ha decretato l’imputazione coatta di C.G. basandosi sui racconti della madre di Marco riguardo alle condizioni della salma del figlio.

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Dopo sei anni e mezzo, C.G. ha finalmente testimoniato nel processo di primo grado al Tribunale di Verona, portando l’attenzione sulla condotta degli operatori delle onoranze funebri. Marco era stato affidato ad Agec Onoranze Funebri spa, e secondo C.G., aveva consigliato di non esporre la salma a causa delle gravissime lesioni subite nell’incidente.

Tuttavia, la famiglia di Marco aveva deciso diversamente, e la salma venne esposta durante il funerale. L’ex cellista affermò che Agec aveva preso la decisione di esporre il corpo della vittima, sostenendo che questo era il desiderio dei familiari.

Durante l’udienza, la madre di Marco, Maria Mecenero, descrisse le terribili condizioni della salma del figlio nel momento in cui il prete si avvicinò per benedirla. La camicia che era stata preparata per Marco era intrisa di sangue e il corpo era in condizioni pietose. Maria Mecenero descrisse queste scene come uno scempio.

Marco Andreoli trovò la morte in un tragico incidente motociclistico a soli 28 anni. La sua salma subì lesioni gravi e la madre denunciò un impiegato del Policlinico di Verona per vilipendio di cadavere, poiché la salma del figlio si trovava in condizioni shockanti.