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Ex vincitore del Grande Fratello arrestato per maltrattamenti sulla ex

Un volto noto della televisione italiana e vincitore del Grande Fratello nel 2010, Mauro Marin si trova ora a fronteggiare gravi accuse legali che hanno portato a una condanna. L’ex concorrente, originario di Treviso, è stato recentemente condannato a 20 giorni di carcere per aver aggredito fisicamente la sua ex compagna. La sentenza è stata emessa il 25 settembre dal tribunale di Sulmona, in provincia dell’Aquila, dalla giudice Irene Giamminonni.

La condanna di Marin è il risultato di un episodio di violenza domestica che ha avuto luogo tra settembre 2022 e gennaio 2023. Nonostante la notorietà dell’ex gieffino, i fatti emersi in aula hanno evidenziato una situazione drammatica che ha coinvolto la vittima, la quale ha subito percosse che le hanno causato una prognosi di cinque giorni. Marin, oltre a queste accuse, si trovava a dover rispondere anche di molestie e minacce nei confronti del padre della giovane, ma per questi reati è stato assolto per insufficienza di prove.

Dettagli dell’incidente

Il momento culminante della violenza si sarebbe verificato l’11 gennaio 2023 all’interno dell’abitazione della vittima, a Sulmona. Durante questo episodio, Marin avrebbe spinto la donna contro una colonna, esercitando una pressione sul suo volto con una mano. Questa aggressione ha causato alla vittima un trauma toracico e facciale, come attestato da un referto medico redatto dopo l’accaduto.

La difesa di Marin ha tentato di giustificare l’accaduto, dipingendolo come un “abbraccio non voluto”. Tuttavia, la giudice ha ritenuto inaccettabile tale versione, considerando l’azione come un chiaro atto di violenza fisica.

Accuse e assoluzioni

Oltre alle percosse, la Procura di Sulmona ha anche contestato a Marin comportamenti persecutori nei confronti della sua ex compagna, che includevano telefonate e messaggi inquietanti, nonché pedinamenti. In una di queste occasioni, è emerso che Marin avrebbe minacciato il padre della giovane, facendo riferimento a presunti conoscenti capaci di “risolvere la situazione” e simboleggiando la minaccia con un gesto che richiamava all’uso di un’arma.