Certo c’è voluto molto tempo, un’ora o più”, quindi “verrebbe da dire che per essere contagiati ci vuole una vicinanza prolungata e magari l’aiuto di una corrente d’aria”.
Dunque, sottolinea Burioni, “nel momento in cui ci accingiamo a riaprire ristoranti, bar e uffici dobbiamo ben tenere presente quanto è successo, che non ha solo aspetti negativi.
È vero che persone dei tavoli vicini, colpiti dalla corrente d’aria generata dal condizionatore, sono state infettate a distanze maggiori”
E “questo deve portare a particolare cautela nella disposizione dei tavoli e nel loro distanziamento, specie in presenza di forti correnti d’aria dovute a condizionatori, ventilatori o qualunque altra cosa.
Però è vera anche un’altra cosa:
in quella sala hanno pranzato insieme al paziente 82 persone:
9 sono state infettate (a riprova che un singolo paziente può essere molto contagioso),
ma gli altri 72 commensali e soprattutto gli 8 camerieri, che certamente hanno servito anche il paziente infetto, non hanno contratto il virus”.
In altre parole, conclude Burioni, “non sappiamo se l’uso delle mascherine avrebbe potuto diminuire la contagiosità” del cliente malato, “ma d’altra parte le mascherine nel ristorante non si possono portare, altrimenti non si riesce a mangiare”.
Da qui l’indicazione a cui attenersi: “La distanza e l’attenzione ai flussi d’aria saranno i due elementi ai quali ci dovremo affidare per la protezione contro l’infezione quando tenteremo di riprendere la nostra vita normale”.
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