Il cinquantacinquenne venne condannato a 19 anni, nel 1983, per lo stupro e l’omicidio di una ragazza di 19 anni.
La vittima, la giovanissima Barbara Grams, 19 anni, cameriera in un ristorante di un centro commerciale a Tampa, venne aggredita all’uscita dal lavoro e ritrovata cadavere, con evidenti segni di violenza sessuale.
Causa della morte, una serie di colpi con un oggetto pesante alla testa. Nel mirino finì DuBois, allora coetaneo.
Contro di lui, furono ritenuti schiaccianti due elementi:
il segno di un morso sulla guancia della vittima (ritenuto compatibile con l’impronta dentale dell’imputato acquisita con una metodologia scientificamente inattendibile) e le dichiarazioni di un altro detenuto della prigione in cui venne incarcerato.
All’epoca l’esame genetico riguardava solo il gruppo sanguigno, che all’epoca risultò compatibile quello dell’imputato.
Non esisteva ancora il test del DNA, che invece oggi ha stabilito che a commettere il delitto furono due persone diverse, non ancora identificate.
Robert DuBoise non ha mai smesso di protestare la sua innocenza.
Nel 1988 la Corte Suprema di Stato ha annullato la condanna a morte giudicando irregolare la decisione del giudice e riducendo la pena all’ergastolo.
Assistito dal 2018 dagli avvocati dell’Innocence Project, DuBois ha chiesto per anni che il suo caso venisse riesaminato utilizzando metodologie più moderne, soprattutto i test del DNA, ma gli era sempre stato risposto che i reperti biologici erano stati distrutti, e i test non erano, dunque, eseguibili.
Il caso è stato riaperto dal procuratore di stato Andrew Warren, responsabile, insieme all’avvocato, Teresa Hall, dell’unità revisione delle condanne, istituita due anni fa per esaminare vecchi casi alla ricerca di errori giudiziari